Thunderstorm 2° capitolo


Capitolo 2

Il pomeriggio passò velocemente tra telefonate, fotocopie e disegni. Le luci del giorno lasciarono il posto all'illuminazione artificiale dei lampioni e il cielo lentamente si scurì. Agata lasciò l'ufficio alle 18:30 con la borsa stracolma di fogli, cartelle e schizzi sulla disposizione del locale. Non trovò molto traffico lungo la strada e in meno di mezz'ora arrivò al locale; durante la strada tuttavia ebbe la sensazione che una macchina la seguisse, ma ogni volta che girava la testa per controllare non vedeva nulla di sospetto tra la fila incolonnata dietro di se. Parcheggiò vicino al locale ed entrando riconobbe subito Teresa “Ecco qui la mia salvatrice!” sorrise avanzando verso la ragazza bruna che la osservava dall'altra parte del bancone “Grazie a te per avermi pensato Agata!” ricambiò il sorriso. Dopo una breve chiacchierata  Agata mostrò all'amica i disegni ed in breve la sala venne sistemata. “Ora mancano solo i quadri!”- “Non dovrà aspettare molto signorina” si sentì una voce dal fondo del locale che anticipò l'arrivo di un ragazzo molto giovane. Appena maggiorenne pensò Agata: indossava dei pantaloni di lino scuri, una camicia grigia a maniche corte con i bottoni del colletto aperti. I capelli lisci cadevano su un lato del volto e mettevano in risalto la pelle appena scurita dal sole; la ragazza noto tuttavia delle profonde occhiaie che cerchiavano gli occhi de ragazzo. Lo osservò mentre si avvicinava ma scosto subito lo sguardo; non amava fissare la gente, lo riteneva un gesto poco corretto. “Voi siete il signor Giannotta immagino!”- disse Agata avanzando verso di lui ed allungando la mano destra “Si, sono io, tanto piacere di conoscerla signorina Agata” e le afferrò la mano portandola vicino alle labbra, per poi farla scivolare lentamente. “Posso presentarle Teresa Rossi, la proprietaria del locale?” ed Agata spostò lo sguardo da Francesco alla giovane donna che stava poco dietro di lei. Dopo i convenevoli, Francesco iniziò a portare i quadri dentro al locale: Agata rimase stupita dal fatto che non avesse collaboratori per sistemare tutte quelle tele, ma si trattenne dalla curiosità di fare domande. Mentre la ragazza era intenta a sistemare l'ultimo quadro su due grossi chiodi appesi alla parete opposta alla porta, fece il suo ingresso un uomo, con i capelli grigi che ricadendo a ciocche davanti un lato del volto facevano risaltare i grandi occhi azzurri e la carnagione molto chiara, quasi bianca. Indossava una camicia blu, una sciarpa del medesimo colore che scendeva fino alla vita; i bottoni della camicia erano aperti e si notava un ciondolo d'argento ricadere sul petto. Agata pensò che fosse l'uomo più bello che avesse mai visto e rimase in silenzio a fissarlo per diversi minuti; lui notò il suo sguardo e le si avvicino lentamente “Lunga notte...la signorina Agata presumo?” allungò una mano verso di lei accarezzandole le dita. Agata sobbalzò appena a quel contatto e le sembrò che la mano di quell'uomo di andasse scaldando sempre di più. “S-si sono io...”rispose osservandolo da sopra la scala su cui era salita per attaccare il quadro. “Signor Manotovani! Siete in anticipo...” si sentì dal fondo della sala, e poco dopo riapparve Francesco che a rapidi passi si avvicino ad Agata e all'uomo misterioso. “Dovresti esserci abituato....”rispose l'uomo sorridendo appena al ragazzo, ma tornò subito a guardare Agata che teneva ancora la sua mano. “V-voi siete l'autore dei quadri?” chiese timidamente lei, scendendo il primo gradino “Si, vi piacciono?”. Il suono della sua voce era come la melodia di un pianoforte ben accordato; delicata, dolce e armoniosa...Agata ne era rapita “Sono molto belli...” rispose lei a fil di voce, avvicinandosi ancora di più a lui. Si guardarono per un lungo momento, poi l'uomo le sollevò la mano baciandola “Perdonatemi, non mi sono presentato....Daniel Manotovani!”- “Piacere mio, signor Manotovani...”- “Chiamatemi Daniel...” - “D-daniel...molto piacere...” Agata rilasciò lentamente il fiato dalle labbra semi aperte e deglutì la saliva, notando che lui non le staccava gli occhi di dosso.

Abbassò lo sguardo sulla propria mano ancora stretta in quella di lui, e la ritirò di scatto “Ehm...si, spero che vi piaccia la disposizione della sala..ecco..li” si schiarì la voce con un piccolo colpo di tosse e stese il braccio indicando il tavolino “Si potrebbe sistemare il rinfresco...come avevate chiesto, io ho provveduto ad ordinare un aperitivo...”. Ci fu uno scambio di sguardi tra Daniel e Fransceco, e quest'ultimo sgrano appena gli occhi per poi abbassare la testa verso il pavimento. Agata tuttavia non ci fece molta attenzione “Per quanto riguarda le cose da bere, mi sono permessa di richiedere alcuni buoni consumazione da portare al bar, pensando che ve ne occupaste voi...” e voltò lo sguardo verso Francesco. Lui le sorrise appena poi raddrizzò di scatto la schiena e si voltò camminando verso la porta di ingresso “Vado a prendere il resto...” sembrò dire poco prima di sparire oltre la porta. Agata si ritrovò solo insieme a Daniel, che continuava a fissarla, cosi decise di fare un giro per la sala controllando che ogni cosa fosse sistemata. Per fortuna di Agata dopo circa cinque minuti Francesco tornò, seguito da una ragazza con i capelli lunghi neri, che indossava un tubino blu molto scuro e dei tacchi altissimi; si avvicinò rapidamente a Daniel e gli gettò le braccia al collo “Spero di non essere arrivata troppo presto...” sussurrò lei baciandolo sulle guance  Lui osservò la ragazza, poi Agata e disse “Mi piace molto come avete sistemato qui...penso che i miei ospiti apprezzeranno...”.
Prima che Agata potesse rispondere la sala iniziò ad animarsi, ed in breve tra lei e Mantovani si creò un piccolo gruppo di persone che chiacchierava osservando i quadri e bevendo vino rosso. Agata tirò un profondo respiro di sollievo: era riuscita ad organizzare una serata in maniera impeccabile e l'allestimento era perfetto; poteva concedersi una piccola pausa anche lei. Prese un piatto di stuzzichini ed un bicchiere di vino, prima di iniziare ad osservare con attenzione i quadri.
Poi all'improvviso lo vide, li in mezzo alla sala, avrebbe riconosciuto quello sguardo ovunque: gli occhi che continuavano ad apparirle in quello strano sogno in cui tutto era buio e profumava di veleno nero. Le lunghe ciglia, custodi di un segreto ancora più profondo e occhi del colore nel mare nero pece, mare in cui sarebbe affogata per l'eternità. Labbra rosse, perfette, facevano da contorno a dei denti bianchi. Perfetti. Una sola nota stonata in quell'insieme che sembrava dipinto da un artista romantico: uno dei canini sembrava più appuntito dell'altro. “Trascurabile dettaglio!” pensò lei, che non riusciva a staccare gli occhi di dosso a quell'uomo misterioso. Rimase li paralizzata, nella speranza che i loro sguardi si incrociassero, anche solo per un istante.
Come se quel pensiero fosse stato formulato ad alta voce,lui sollevo la testa verso Agata e le fece un lieve inchino. “Lunga notte” le risuonò nelle orecchie, anche se lei avrebbe giurato di non aver visto nessun movimento sulle labbra di lui. Aprì la bocca per parlare ancora, ma sembrava che le avessero portato via la voce e riuscì solo a sospirare mentre quell'uomo si avvicinava lentamente a lei. Non era come Daniel, ma Agata pensò ugualmente che fosse bellissimo: indossava una camicia nera, un paio di jeans ed una giacca elegante ; i capelli neri scendevano in onde scompigliate davanti al viso donandogli un'aria selvaggia e misteriosa.

Quando fu a pochi passi da lei, allungo la mano porgendole un bicchiere pieno di vino, senza scostare lo sguardo dai suoi occhi “Signorina...tutto bene?” le domandò all'improvviso passandole la mano libera davanti al volto. Agata scosse la testa come se si stesse risvegliando da un sogno ed arrossì vistosamente notando il fare di quell'uomo. “Oh..ehm..si si...tutto bene, scusate e che temo di aver bevuto troppo, ecco...” mentì senza neanche rendersene conto e si chiese perché, ma le parole di lui ne catturarono completamente l'attenzione. “Sembravate imbambolata...” rise lui ritirando la mano che teneva il bicchiere “Forse è meglio che non beviate più per questa sera...” Agata si irrigidì a quelle parole poi rilassò il volto lasciandosi andare in una risata “Già...avete ragione...oh, io mi chiamo Agata Crisafi, piacere!” “Davide Denteaguzzo...piacere mio...”e la osservò inclinando la testa. Agata si sentì leggermente a disagio poi cercò qualcosa su cui focalizzare l'attenzione per distogliere lo sguardo da Davide. “Vi è piaciuta la mostra?”- “Veramente no!” “C-capisco...bhe..”la ragazza sospirò “è un genere molto particolare...” “Dopo che vedi gli stessi quadri per anni...inizi a stancarti..” rispose lui alzando le spalle. “Conoscete Da...ehm..il Signor Mantovani da molto tempo?” “Da qualche hanno, si, da quando è tornato Catania” - “Non è italiano, quindi?”. Agata si pentì quasi subito di quella domanda.
Con quel nome di dove vuoi che sia, di Picanello? Davide inclinò appena la testa verso la spalla e la osservò, bevendo qualche sorso dal bicchiere che aveva tenuto per se “Non del tutto ecco...il padre è...di Parigi!”. Tra i due calò improvvisamente il silenzio, mentre Agata cercava disperatamente qualche argomento per continuare la conversazione; odiava rimanere in silenzio, perché non sapere cosa stesse pensando la persona davanti a se la metteva a disagio.

“Scusatemi, devo allontanarmi un attimo...” disse Davide, mentre Agata stava per rimettersi a parlare, e lo seguì con lo sguardo mentre lui si allontanava verso la porta del locale; poco dopo la ragazza notò che uscirono dalla porta anche un uomo con il camice bianco ed una cameriera dai capelli rossi accesi. Agata fece schioccare piano le dita e si batté la mano destra sulla fronte “Stupida, stupida!” e sospirò piano, avvicinandosi al bancone del bar dove ordino un cocktail, che bevette di un fiato. Perché si era comportata in quel modo? Di solito non era cosi silenziosa con le persone nuove! Organizzava eventi e non poteva permettersi di essere timida.
Ma Davide non era affatto una nuova conoscenza o almeno non completamente: lo aveva sognato tanta volte, ed ora che lo aveva avuto cosi vicino a se era rimasta in silenzio; e cosa avrebbe dovuto dirgli?
Non ti conosco ma sono mesi che continuò a sognarti. Ordinò un altro cocktail,e tornò verso i quadri con passo malfermo.

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